Salve prof.,
Le pongo un quesito balenatomi in mente negli ultimi giorni.
Si trovano nelle reti social diversi video rappresentanti animali capaci di utilizzare piattaforme informatiche su tablet, cellulari ecc.
Notavo con rammarico un'imperante interpretazione della maggior parte dell'opinione pubblica del fatto per cui tali animali si fossero in certo qual modo "sviluppati intellettualmente" come evolvendosi antropomorficamente in virtù del rapportarsi a tali piattaforme.
Mi chiedo se piuttosto un'ermeneutica più attenta e vigile non possa identificare invece, nel regime tecnocratico, il propinamento per l'uomo di un'automatismo naturale che è proprio anche del mondo animale stesso.
Vedo pertanto nell'assolutizzazione della tecnologia non una crescita delle facoltà mentali, gnoseologiche o logiche dell'uomo ma al contrario un appiattimento di esse mediante una vorticosa prigionia che automatizza l'uomo nell'ambito naturalistico depauperandolo della specificità del pensiero (che richiede invece tempo e fatica a differenza delle comode e rapide soluzioni apportate dalla macchina). Un'automatismo proprio della tecnica che anche l'essere animale è in grado di utilizzare.
Le chiedo cosa ne pensa. Grazie in anticipo!
Buongiorno Giuliano. Lei ha interpretato in modo impeccabile la situazione. Da millenni, prima la filosofia e poi la medicina, hanno indicato nell'automatismo meccanico una prerogativa animale, quello che filosoficamente viene definito "meccanicismo" in natura. Memorizzare e riprodurre è uno schema comportamentale della gran parte degli animali e permette loro di esplicare le loro capacità tecniche (non tecno.logiche, visto che queste capacità gliele dà la natura e non il logos) spesso irraggiungibili: si pensi ad una ragnatela, alla tana-diga dei castori, ai nidi di uccello, alcuni dei quali di una complessità irraggiungibile, ad altre tane di numerosi animali, complesse e articolate, si pensi al reticolato di un formicaio o di un termitaio, ad un bozzolo da cui nascerà una farfalla, a certe sofisticate tecniche di caccia. Negli anni Sessanta negli Stati Uniti alcuni studiosi riuscirono a far eseguire a un piccione (creatura che non brilla certo per qualità "intellettive"!) alcune note del Big Ban di Londra, semplicemente inserendo in successione e in corrispondenza dei tasti di una pianola delle sementi come gratificazione della beccata sonora. La tecnologia è modello animale ed è l'insieme delle pratiche che vengono realizzate per il benessere dell'individuo o di un gruppo, competenza che gli animali hanno da sempre e che noi, come al solito, dobbiamo faticosamente raggungere. Ma resta qualcosa che non è uno specifico umano, ma naturale/animale. E questo dovrebbe farci doppiamente riflettere: 1.- è il sintomo di una invasiva neobarbarie mascherata e spacciata come qualcosa che la retorica scientista diffonde come alta conquista umana! 2.- abbiamo "rubato" al mondo animale una sua prerogativa e adesso, una volta usurpati del loro specifico tecnico, celebriamo alcuni di essi come capaci di utilizzare le nostre macchine! Persino la cosiddetta "intelligenza artificiale" è per nulla intelligente, visto che accumula, memorizza e simula un apprendimento per associazione, ma senza capire nulla di quello che sta proponendo nei suoi risultati: per certi aspetti, in modo più complesso certamente ma non diverso da quello del piccione. Che poi esistano nostri simili che si inebriano di una possibile equivalenza con alcuni animali, che sorridono appagati di una "verificata" prossimità dell'animale all'uomo (e viceversa) è problema loro e del proprio masochismo esistenziale e valoriale. C'è stato chi ha avvertito che non siamo stati fatti per "viver come bruti" e c'è chi, oggi, è felice di poter essere assimilato a un bruto. " Dalla facilità con cui lo spirito si contenta, si può misurare la grandezza di ciò che ha perduto" scriveva Hegel e le sue parole, purtroppo, sono il logo che sintetizza il nostro tempo.
La saluto caramente. R.R..