Salve Professore, spero tutto bene.
Recentemente ho letto il documento del Dicastero per la Dottrina della Fede in oggetto. Leggendolo, mi sembra un documento che tenta di riaffermare alcuni principi legati alla vita umana, ma che manca di quel fondamento (metafisico?) per andare definitivamente oltre la "doxa" o ciò che può essere mutevole.
In particolare, al numero 15 si dichiara "Per chiarire meglio il concetto di dignità, è importante segnalare che la dignità non viene concessa alla persona da altri esseri umani, a partire da determinate sue doti e qualità, in modo che potrebbe essere eventualmente ritirata. Se la dignità fosse concessa alla persona da altri esseri umani, allora essa si darebbe in modo condizionato e alienabile, e lo stesso significato di dignità (per quanto meritevole di grande rispetto) rimarrebbe esposto al rischio di essere abolito".
Ma al numero 19 questa convinzione viene fatta discendere da "la dignità della persona umana è stata rivelata in pienezza quando il Padre ha inviato il suo Figlio che ha assunto fino in fondo l’esistenza umana: «il Figlio di Dio, nel mistero dell’incarnazione ha confermato la dignità del corpo e dell’anima costitutivi dell’essere umano».[30] Così, unendosi in certo modo ad ogni essere umano attraverso la sua incarnazione, Gesù Cristo ha confermato che ogni essere umano possiede una dignità inestimabile, per il solo fatto di appartenere alla stessa comunità umana e che questa dignità non può mai essere perduta.[31] Proclamando che il Regno di Dio appartiene ai poveri, agli umili, a coloro che sono disprezzati, a coloro che soffrono nel corpo e nello spirito; guarendo ogni sorta di malattie e di infermità, anche le più drammatiche come la lebbra; affermando che ciò che viene fatto a queste persone viene fatto a lui, perché egli è presente in quelle persone, Gesù ha portato la grande novità del riconoscimento della dignità di ogni persona, ed anche e soprattutto di quelle persone che erano qualificate come “indegne”. Questo principio nuovo nella storia umana, per cui l’essere umano è tanto più “degno” di rispetto e di amore quanto più è debole, misero e sofferente, fino a perdere la stessa “figura” umana, ha cambiato il volto del mondo, dando vita a istituzioni che si prendono cura delle persone che si trovano in condizioni disagiate: i neonati abbandonati, gli orfani, gli anziani lasciati soli, i malati mentali, le persone affette da malattie incurabili o con gravi malformazioni, coloro che vivono per strada."
In altri passaggi si parla di umanità ""ricreata" nel Figlio fatto uomo" (mi sembra azzardato no?), ma poi al numero 25 intitolato Un oggettivo riferimento per la libertà umana, si scrive "La difesa della dignità dell’essere umano è fondata, invece, su esigenze costitutive della natura umana, che non dipendono né dall’arbitrio individuale né dal riconoscimento sociale. I doveri che scaturiscono dal riconoscimento della dignità dell’altro e i corrispondenti diritti che ne derivano hanno dunque un contenuto concreto ed oggettivo, fondato sulla comune natura umana. Senza un tale riferimento oggettivo, il concetto di dignità viene di fatto assoggettato ai più diversi arbitrii, nonché agli interessi di potere."
Senza continuare oltre con le citazioni, a mio modesto parere il documento manca di quell'approfondimento (peraltro solo accennato al numero 19) Altro e metafisico, dunque non storico e mutevole, per fondare radicalmente la nostra credenza sull'umano e sulla sua dignità. Non so cosa Lei ne pensi, o se ha letto il documento, ma speravo in una sua riflessione in merito. Un caro saluto.
Grazie Davide della riflessione che ha proposto.
Il punto 15 è corretto ed è da intendersi come una dignità ontologicamente presente indipendentemente dal giudizio storico che può variare e giungere persino a negarla ad alcune categorie (è stato così con le donne, con gli uomini di colore e con altre identità umane).
Il punto 19 vuole fondare la santità della persona, di ogni persona in Cristo, togliendo ogni dubbio su eventuali ideologizzazioni del concetto di persona. Essa è santa, anche se umile e povera, malata e carica di nulla. Molto più chiaro sarebbe stato dire che qualunque personalità si abbia e si è, la persona è santa. Non per la sua personalità (come si continua a sbagliare indicando i poveri e gli umili quasi che chi non lo fosse dovesse sentire i sensi di colpa della sua condizione “normale”) ma in quanto persona. La personalità può essere quella di un barbone, di un ricco, di un omosessuale, di un serial killer, di un inetto o di un benefattore: non si è santi per questo, ma come persone. La personalità è suscettibile di critiche come ogni elemento storico contingente.
L’umanità “ricreata” da Cristo dovrebbe essere contestualizzata in una prospettiva dove essere uomini come generati non basta, in quanto ogni specie difende la propria e la “santifica” e la protegge. Gesù ha ripristinato nella linea della generazione il progetto salvifico della creazione: in questo senso l’umanità è ricreata, ha cioè la possibilità di trovare e percorrere la via della Luce fra le seduzioni illusorie del piano storico della generazione.
Il punto 25 è ambiguo e pavido, pieno di paura di testimonianza. La comune natura umana, per altre specie se potessero dire la loro sarebbe quella della “comune natura felina” o “comune natura bovina” e così via. Non si ha dignità di uomini e persone semplicemente perché si nasce da un uomo e da una donna della specie umana. Qui non c’è stato il coraggio di dire che senza la Redenzione di Cristo, che ognuno può liberamente scegliere, la persona ha una dignità potenziale, perché condannata al nulla della morte come ogni entità storica. È il fondamento metafisico che le assegna valore, visto che qualunque valore storico è inevitabilmente valore che passa e muta, così come avverrebbe per la persona. E infatti, chi decide a favore dell’aborto, della pena di morte, del suicidio assistito o dell’eutanasia, senza questo fondamento metafisico, ridimensiona la dignità della persona ancorandola al mutevole storico, alle ideologie e mode dilaganti, alle effimere seduzioni di falsi diritti. La persona, come scriveva Rosmini, non ha diritti: è diritto sussistente che nessun diritto può ledere.
Un saluto fraterno.