Si contrabbanda per atteggiamento scientifico il disincanto oggettivo dell’indagine rispetto al suo oggetto, laddove questa condizione è ormai diffusamente ritenuta (in ogni campo delle discipline scientifiche) del tutto anacronistica ed ideologica.
Se poi si parla di fede religiosa la considerazione che viene fatta è ben più maliziosa: far passare surrettiziamente la propria posizione areligiosa o dichiaratamente atea per neutrale (mentre invece non lo è, essendo anch’essa un atto di fede) e scientifica in quanto atea per confermare indirettamente che la religione sia soltanto un prodotto della storia (ma non lo sarebbe anche l’atteggiamento neutrale?).
Insomma, si riveste una scelta di parte, una posizione meramente ideologica per l’unica possibile e scientificamente valida, come se una posizione atea fosse più scientifica di una confessionale. Si pre-assume tutto questo dogmaticamente per dimostrare “democraticamente” che chi è religioso non può essere “obiettivo”.
E’ la vecchia e trita riproposizione dell’affermazione che Marx fece nella sua pur eccellente L’Ideologia tedesca, dove scriveva, appunto, che non è la coscienza a fare la storia, ma la storia a determinare le coscienze. Ma, ancora una volta, non è anche questa affermazione di Marx di origine e provenienza storica? Ed allora quale forza veritativa possiede se è condannata, come tutto ciò che è storico, al fluire relativistico degli eventi? Se invece è considerata come prodotto di coscienza libera da ogni influenza storica e che, anzi, vuole orientare i fatti, allora entra in intima contraddizione con se stessa.