Se la Chiesa, chiamata all’ultraterreno e all’universale (non è cattolica?) è caduta nella tentazione e nella seduzione del particolare e dello storico, cosa vogliamo imputare alla cultura laica e laicista, secolarizzata e secolare che da tempo, -non sospetto-, ha già preso le distanze dalle prospettive chiesastiche e religiose? Ed ecco lo scollamento: la base di credenti religiosi che vive la propria fede nel privato, -non praticanti si definiscono-, e l'’utilizzo, laddove ce ne fosse bisogno, della Chiesa come potente strumento socio-culturale ed economico per il raggiungimento di finalità meramente terrene, ovviamente criticata con ferocia quando si ricorda di essere Chiesa davvero, allontanandosi dalle logiche solo umane. La Chiesa, purtroppo, è menzionata e ricordata nel quotidiano più perché sommersa da scandali e velleità innovative che tradiscono il Vangelo che dovrebbe annunciare che da autentiche testimonianze di spiritualità. Ormai surrogato di sindacati e partiti, essa trova consensi di superficie, plausi anche da enti ed entità sulla carta lontane e avverse che vedono, finalmente, una Chiesa orizzontalizzata.
E così, quando si parla nei media di spiritualità, non si parla del Cristianesimo, perché immagini e indicazioni vanno a riferirsi all’Oriente. Come se il luminoso patrimonio occidentale cristiano di due millenni di santi e martiri, di anonimi straordinari servitori della fede e della carità, di geniali Padri della Chiesa, di filosofi e teologi, fosse improvvisamente evaporato nella sua profonda spiritualità, perduto nel nulla, senza più tracce visibili da poter ripercorrere. Se si deve essere “lievito sulla terra”, allora la testimonianza cristiana è lì a proporre un altro ordine di valori, valori trascendenti, una pace che niente ha a che fare con quella rincorsa con le armi o per mera difesa egoistica del proprio tornaconto sulla terra; un benessere che riguarda la quiete dello spirito, un tempo che si consuma sapendo di aver già avuto il proprio compimento nell’evento della Resurrezione, che è consapevole di quanto siano poca cosa le tecnologie, la carriera, i soldi, la vanità rincorsa ovunque, le illusioni politiche e le lotte che ne seguono, la banalità dell’esistenza. Una banalità che solo il Cristo ha redento e che ha dotato di significato. Ma tutto questo non pare sia testimoniato con forza e determinazione e le chiese sono sempre più vuote e la gente ignora anche i temi più semplici della fede. D’altra parte cosa avrebbe di specifico il cristiano rispetto a quella vaga filantropia che si sta diffondendo? E così siamo circondati da un clero disorientato dove i preti fanno i sindacalisti, i politici, gli economisti, i paladini di quartiere, i guardiani antimafia.
Hanno creduto e credono di immettersi in questa società liquida, scorrendo con essa nell'effimero e accettando quei riferimenti mobili, perché storici, che la cultura dominante impone. Una Chiesa aperta, che vada verso il mondo, non può andarci senza riferimenti dogmatici e morali, senza radici metafisiche, senza Cristocentrismo, perché produrrà solo fango e sabbie mobili. Sarebbe soltanto una chiesa che, come già ricordava Burckhardt, alimenta le macine del potere, si fa ideologicamente paladina degli ultimi, confondendoli banalmente con quelle categorie che di volta in volta la società definisce tali imponendoli all’attenzione di tutti.