Stavo rileggendo un interessante libro del Prof. Martin F. Echavarria e mi hanno colpito alcuni passaggi sui quali credo che il Prof. Rossi potrebbe aggiungere qualche illuminante commento, compatibilmente con i suoi altri impegni.
Premetto che all'inizio del libro si fa un'importante precisazione che anche il Professor Rossi non manca di rimarcare nei suoi corsi, ma che viene spesso ignorata (forse volutamente) da tanti insegnanti, sia di Filosofia, sia di Psicologia, e cioè che la Psicologia era già conosciuta dagli antichi filosofi pre-cristiani e cristiani, solo che prendeva il nome di Etica.
Ho evidenziato alcuni passaggi del libro, che riporto come allegato a questo post.
. Il paragrafo che ha attratto la mia intenzione è intitolato "L'influsso di Nietzsche nella psicologia".
Buona giornata a tutti!
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Nietzsche è uno di quei pochi pensatori così dialettici al proprio interno (per non dire contraddittorio) da poter essere tirato a destra e a sinistra (e non solo politicamente) con uguale ragionevolezza.
Cristiano anticristiano, filosofo fautore di un' antifilosofia, attento scrittore nello stile e nella forma, ma nemico del libro, occidentale antioccidentale, razzista antirazzista, filologo così anomalo da essere un critico della filologia, wagneriano antiwagneriano, esponente del volontarismo istintuale, ma anche del fatalismo con il suo "amor fati", nichilista ma attivo, un uomo "border line", tra sanità e follia (quest'ultima di frequente indotta), ai margini della storia (la sua volontà di essere inattuale) ma teso ad incidere su di essa.
Su di lui, direi quasi letteralmente, tutto si può scrivere. Che Klages vi abbia attinto a piene mani, ha fornito solo grande disorientamento alla critica e al mondo della divulgazione culturale, che ha visto a lungo in Nietzsche un filosofo utilizzato dal nazionalsocialismo. L'amico Giorgio Penzo a questo proposito fece definitivamente luce con il suo "Il superamento di Zarathustra. Nietzsche e il nazionalsocialismo" uscito per i tipi di Armando nel 1987, dove con costante documentazione si mostrava come Hitler non amasse né avesse capito il pensiero nietzscheano, così come la gran parte dell'"entourage" degli intellettuali che ruotavano attorno al nazionalsocialismo, che invece elesse Alfred Rosenberg come suo riferimento e indirettamente Houston Stewart Chamberlain, molto più semplici e populisti. Non so se davvero la psicologia e/o la psicoanalisi debbano molto a Nietzsche. Nell'uno o nell'altro caso, l'incidenza che potrebbe avere questa conoscenza per meglio capire quanto ci circonda, mi pare resti nulla. E' una curiosità interna, per così dire, a studiosi e accademici che, tuttavia, tocca un problema che sfiora appena la drammaticità dell'oggi. Ciò che mi sento di dire, nietzscheanamente, è che il nichilismo testimoniato dal filosofo tedesco e che avrebbe richieste "oltreuomini" (il pessimamente tradotto al singolare come "superuomo") ha spinto invece l'uomo contemporaneo all'imprevedibile: invece di superare l'umano comune, l'"umano troppo umano" come auspicato da Nietzsche, oggi si è scelto di abbassarsi a livello animale, una sorta di "untermensch", "sottouomo", appagato di animalizzarsi e naturalizzarsi il più possibile, invece di gridare lo specifico umano, la sua dignità e grandezza, la sua unicità . Teriocentrismo al posto dell'antropocentrismo: è qualcosa che Nietzsche non avrebbe mai potuto né accettare, né tanto meno prevedere, così quell'"al di là del bene e del male" che avrebbe dovuto connotare l'"oltreuomo" è rimasto anche oggi, ma per connotare questo "sottouomo". Con onestà va detto che probabilmente il nichilismo, passivo o attivo che sia, non può partorire niente di meglio.