Siamo tutti coinvolti drammaticamente dalle tante donne uccise, un fenomeno sociale senza precedenti che ci allarma e ci deve far riflettere. C’è sicuramente un problema legato alla figura maschile, ormai depauperata di una centralità culturale ed economica, condizione alla quale non è stata ancora trovata una soluzione e che non è qui tema da trattare. In un contesto del genere, molti uomini esercitano l’unica risorsa specifica che è loro rimasta: quella animale, della forza, della violenza, della brutalità. Questo è il punto di vista più specifico.
Ma l’argomento ritengo sia da osservare in un’ottica più ampia.
Quello della violenza è purtroppo tema diffuso ed ora esploso anche presso giovani e giovanissimi.
È chiaro che tutto sembra poter diventare tema privilegiato di psicologi e sociologi, con i soliti riferimenti alla negativa influenza del contesto sociale e familiare, parole spese già nel passato per medesimi fenomeni ben più rari e che, certamente, saranno riproposti in futuro, senza che si riesca ad incidere sul tragico fenomeno.
Vorrei proporre una prospettiva interpretativa diversa e fuori da quella dominante, un pensiero unico e generalizzato che si avviluppa sempre all’interno di se stesso, non arrivando mai, per poter continuare sopravvivere, a denunciare la pochezza di se stesso, la miseria morale del nostro tempo.
Due sono i vettori implicati e convergenti che, a mio avviso, possono aiutare forse a capire il perché di questa violenza diffusa, già in giovanissima età e che ha poi il suo estremo cieco àpice nel femminicidio e in forme parallele ad esso, come la violenza carnale. In tutti i casi è la creatura più debole in natura ad avere la peggio.
I due elementi convergenti sono
1) una visione tutta legata all’orizzontalità storica e al mero benessere da vivere qui, ora, nella propria concreta esistenza biologica, che reca implicitamente come “valore” se stessi, l’io, l’individualismo più radicale;
2) la crescente equivalenza tra uomo e animale, dove quest’ultimo possiede più diritti di un embrione umano, dove tutti si prodigano per difendere, celebrare, possedere, come fosse una nuova tessera politica alla moda, che deporrebbe a favore di chi la detiene. E così, dalla vecchia ipotesi evoluzionistica, che ci ha ridotti ad animali, non cogliendo la differenza qualitativa specifica dell’uomo, sino alle odierne mode vegetariane, vegane & co., non ci si accorge che, schiacciato l’animale sull’uomo e questi sull’animale, ciò che domina è la “logica” animale.
Proviamo a mettere insieme i due punti, non perdendo di vista quella folle strage di donne dalla quale siamo partiti.
Cosa può succedere se convergono le spinte animali e quelle edoniste ed individualiste? Se, insomma, è la legge del più forte quella che resta animalmente come retroterra persino della cosiddetta democrazia, dove la legge del più forte (sublimata nel censo e nell’economia, nel potere, nella quantità superiore a qualunque livello, nei voti, nella massa come impersonale forza d’impatto, nelle opinioni comuni, nell’influenza delle masse, nella cultura dominante, nella pubblicità e nella propaganda, ecc.)? Resta la tensione a sopraffare, a possedere per sé, senza vincoli morali come precisamente fa l’animale che non ha regole o norme o valori morali. E se nei gruppi dei giovani, veri e propri branchi animali, prevale la legge animale che è stata loro insegnata da sempre essere la nostra condizione anche umana (non avendo mai la scuola o l’università e tanto meno i mass media fatto altro che avallare questa identità), cosa ci si può aspettare? Ci si aspetta la lotta per il territorio (la stessa, in altro modo ma con i medesimi significati, che avviene per gli spazi mafiosi/camorristi, di spaccio o prostituzione o per la conquista di “spazi vitali” vero alimento di guerre), supremazia di un gruppo sull’altro, scontro violento come conseguenza inevitabile.
E la punta dell’iceberg consuma purtroppo la stessa disumana ignobile conseguenza, il femminicidio. Si tratta di un unico blocco, che ha come base la confusione tra umanità e animalità e come suo apice il raggiungimento di ciò che l’ego o il gruppo di appartenenza vuole ottenere, violentando o sopprimendo chi sul piano animale è meno forte.